Facebook? Un’idea del Rinascimento

Uno studio inglese paragona le attività culturali italiane tra il 1525 e il 1700 agli attuali media sociali. Funzionamento e modelli di partecipazione molto simili, con una differenza essenziale: internet. Ma la “Rete” era già una realtà.

L’ipotesi avanzata nello studio The Italian Academies 1525-1700:The first intellectual Networks of early modern Europe, è il prodotto di una ricerca quadriennale condotta in collaborazione dalla British Library, dalla Royal Holloway University of London, e dalla Reading University. Durante il Rinascimento erano piu di 500 le Accademie che  nel nostro paese registravano i loro membri, i quali dibattevano di argomenti che spaziavano dalle scienze alla matematica, dall’arte alla letteratura. Spesso per comunicare tra loro assumevano nomi di comodo, dei nicknameante litteram, che diventravano poi la loro identitità all’interno dei circuiti che discutevano i temi che gli stavano a cuore. Non solo: poiché potevano decidere sostenere una posizione  o l’altra, o anche di intervenire in diatribe che opponevano due ricercatori, spesso solevano adottare anche degli pseudonimi.
“Così come oggi creiamo username per i nostri profili su Facebook e  Twitter, e creiamo circoli di amici su Google+, gli studiosi  adottavano soprannomi, condividevano e commentavano le idee e le  notize del giorno, si scambiavano poemi, musica e opere teatrali”, spiega la professoressa Jane Everson, investigatrice principale della  ricerca britannica, “Forse ci mettevano un poco di più di quanto ci  impieghiamo oggi con internet a diffondere i loro materiali, ma  attraverso la creazione di annuari, e volumi dove raccoglievano le loro  lettere e i loro discorsi, riuscivano comunque a scambiarsi le  informazioni del momento”. E non si scambiavano solo trattati scientifici, così come accade col  social networking le facezie erano una parte integrante degli scambi.  Oltre ad avere lo scopo di alleggerie la discussione di argomenti molto  spesso densi di contenuti, miravano anche ad intrigare il corrispondente  impegnadolo in una sorta di gioco al rimpiattino nel quale emblemi  creati ad hoc venivano usati per nascondere, come tanti rompicapo,  informazioni privilegiate o per satira sulla storia del momento. “In  genere ci vuole un po di tempo a decifrarli”, spiega Everson, “Ma  il divertimento sta proprio nello scoprire il messaggio nascosto  nell’immagine”.
Anche le stesse Accademie si dotavano di nome proprio, come nel  caso degli Intronati, dei Gelati e degli Accesi,  sopravvisute fino a quasi la fine del diciottesimo secolo. Sovente scherzoso e di senso opposto alla natura stessa del network, come nel caso degli Immobili che piuttosto che essere stazionari erano coinvolti in numerosisisime iniziative, il nome delll’accademia serviva ad evidenziare  il carattere delle attività dei suoi membri. E così, come non erano “freddi” i membri dell’Accademia dei Gelati, che conducevano invece dibattiti scientifici e letterari infocatissimi, non erano intronati nemmeno quelli che si associavano nell’Accademia dal nome omonimo, che invece si impegnavano in dibatti seriosissimi sulla natura delle cose più disparate. Veri e propri forum umani, oggi replicati in Rete.
Tra la prima metà del 500 e la fine del 1700 di Accademie sparse per la penisola se ne trovavano a centinaia. Fondate nei salotti di nobili e mercanti facoltosi, collegavano città come Avellino, Bari, Benevento, l’Aquila, Bologna, Siracusa, Napoli, Palermo, Catania, Padova, Siena e Venezia in una rete che abbracciava tutto il paese. E sebbene non di rado le città fossero divise da differenze politiche o addirittura opposte in lotte, gli scambi fittissimi di documenti, lettere, tomi, studi, opere d’arte  e trattati crevano un flusso continuo di informazioni che, circolando in piena libertà e senza soluzione di continuità tra gli studiosi delle varie regioni. Che contribuì in maniera determinante a definire un discorso di carattere nazionale e a gettare le fondamenta non solo della nascente identità nazionale italiana ma probabilmente anche di quella europea.

Fonte Repubblica.it

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